Storia dell'ospedale

Vlasta Beltram

UNA LUNGA STRADA DI CENTO ANNI DALLA CONVALESCENZA IN RIVA AL MARE AL MODERNO OSPEDALE ORTOPEDICO

La parte meridionale delle colline di Muggia a cavallo del 20° secolo era diventata una meta delle associazioni triestine che si occupavano dell’organizzazione della cura della tubercolosi, la più grave malattie di quel tempo, connessa con la vita degli ambienti poveri delle città industrializzate. Ma perché avevano scelto proprio questa parte della costa istriana? L’area di Valdoltra (Valle Oltra, Val d'Oltra - oltre la valle vista da Capodistria), come si chiamava allora la zona da Santa Caterina fino a Punta Grossa, e da Ancarano (area da Santa Caterina fino a Bivje), aveva un clima molto favorevole, con molti giorni di sole, al riparo dal vento, e l'acqua del mare era molto pulita. Tutto ciò era molto utile per la cura della tubercolosi. Non c'è da meravigliarsi quindi che qui avessero aperto contemporaneamente due istituti per la cura della tubercolosi: a Valdoltra il centro di convalescenza in riva al mare per i bambini, ad Ancarano invece il sanatorio per la tubercolosi polmonare

 

Gli inizi

Nel 1884 era stata fondata a Trieste la Società degli Amici dell'infanzia con il compito di prendersi cura dei bambini poveri e malati. La Società aveva aperto a Trieste il primo asilo nido, introducendo l’alimentazione nella scuola, inaugurando e sostenendo le colonie di vacanza (nel 1899 aveva inaugurato la colonia di montagna a Hrpelje) e altre attività, tuttavia la preoccupazione maggiore era dedicata al centro di convalescenza in riva al mare per i bambini scrofolosi e fragili che aveva mantenuto fin dal suo inizio fino al 1904, ma era solo a carattere stagionale (aperto in estate), rivelandosi non molto rivelante per il successo della cura. Perciò un grande desiderio della Società era di aprire un centro di convalescenza in riva al mare che restasse aperto tutto l'anno, tale desiderio era poi stato coronato dopo 25 anni di attività con l'inaugurazione di un centro di convalescenza in riva al mare per i bambini aperto tutto l’anno a Valdoltra nel 1909.

Quindi gli inizi dell'ospedale di Valdoltra risalgono già al 1904 quando la Società degli Amici dell'infanzia cercava un ambiente per i bambini per effettuare un nuovo trattamento di cura al mare, dopo che nel 1903 era stata chiusa la casa di cura di Sant’Andrea a Trieste. Tutto sembrava che la Società non avrebbe riaperto i battenti nel 1904. Fortunatamente si era offerta di dare un aiuto la Società per la lotta contro la tubercolosi di Trieste, offrendo una sua proprietà ad Ancarano, mentre la Croce Rossa austriaca aveva portato da Vienna due baracche prefabbricate [1]. L’anno di prova 1904 era stato un successo, così la Società, dopo delle ricerche approfondite sulle condizioni climatiche e le condizioni dell’acqua di mare e ottenendo risultati positivi, aveva trovato e acquistato per 74976 corone un terreno adeguato di 20 ettari a San Girolamo presso Valdoltra [2] e aveva subito cominciato a preparare i piani per l'inaugurazione di una centro di convalescenza in riva al mare aperto tutto l’anno.


L'attuazione di tutto il progetto aveva richiesto più tempo di quanto si erano immaginati inizialmente con molto entusiasmo. All’inizio avevano fatto piani dettagliati per il molo e per l'installazione di condutture dell’acqua dalle proprie fonti d'acqua (1904/1905), e poi anche per gli edifici dove avrebbero potuto accogliere 120-150 bambini in inverno e 250 in estate. Il progetto per gli edifici era stato progettato dall'architetto Gruber ed eseguito dall'architetto Gioacchino Grassi che aveva apportato al progetto alcune modifiche. La proposta di Gruber aveva diverse varianti, ma alla fine del mese di maggio del 1907 il Comitato aveva deciso di adottare la variante A secondo la quale, oltre al padiglione principale del centro di convalescenza, si prevedevano altri 7 padiglioni e 4 pensiline [3]. Come prima cosa, con le pietre provenienti dalle proprie cave, avevano costruito 90 metri di molo (che era stato concluso a metà del 1907), poi in ottobre del 1907 avevano iniziato a costruire anche gli edifici. Si era rivelato però che i progetti prevedevano una maggiore estensione di quanto si potesse effettivamente realizzare a causa della mancanza di risorse finanziarie. Al congresso annuale della Società alla fine di giugno 1908, avevano già enfatizzato il fatto che avrebbero costruito solo gli edifici più importanti, mentre gli altri avrebbero dovuto aspettare tempi migliori [4]. Entro maggio 1909 erano già conclusi tutti gli edifici ad eccezione del padiglione chirurgico, che avevano appena iniziato a costruire, ma stavano ultimando i lavori della sala  macchine e sala caldaia. Avevano accelerato i lavori nella speranza di riuscire a inaugurare il centro di convalescenza per l’estate, riuscendoci [5]. Solo il 21 dicembre 1909, senza grandi cerimoniali, avevano ufficialmente inaugurato il centro di convalescenza in riva al mare di Valdoltra: l’Ospizio Marina di Valdoltra che aveva immediatamente accolto i suoi primi pazienti: 28 bambini dell'ospedale di Trieste [6].

 

Fino alla prima guerra mondiale

Si trattava dell'istituto di cura più moderno di quel tempo, organizzato per la cura conservativa e chirurgica di tutte le forme di tubercolosi delle ossa e delle articolazioni, per il trattamento delle malattie ortopediche e lesioni del sistema scheletrico-muscolare e pertanto risultava ingiustificato la sua denominazione che portava per altri 20 anni di centro di convalescenza. Questo istituto si rivolgeva soprattutto ai bambini poveri di Trieste e della zona circostante, anche dall’Istria, tuttavia qui venivano a curarsi i bambini di tutto il regno austro-ungarico.

Il centro di convalescenza consisteva di 7 edifici o padiglioni: il padiglione principale, l’attuale padiglione A con 240 posti letto; il padiglione chirurgico, l’attuale padiglione C, costruito e attrezzato secondo le esigenze della chirurgia più moderna; la lavanderia e disinfezione; la cucina con la sala da pranzo; la sala macchine e la sala caldaie; la stanza di isolamento; la veranda sulla spiaggia per la terapia con l’aria buona. Aveva una propria fornitura di acqua e di energia elettrica, il riscaldamento a vapore, un collegamento telefonico (tra i padiglioni, tra i piani del padiglione principale e Trieste), una canalizzazione ben sistemata (che dalle vasche di depurazione veniva incanalata fino al mare aperto, quindi lontano dal centro di convalescenza), aveva ben sistemate anche le connessioni di trasporto (via mare da una nave a vapore fino a Capodistria e da qui fino a Valdoltra, in estate vi era anche un collegamento diretto Trieste-Valdoltra; in treno fino a Capodistria e poi con la nave a vapore), si provigionava anche di frutta e verdura da un terreno di sua proprietà [7].

Prevaleva in modo particolare il trattamento conservativo con la talassoterapia, elioterapia e idroterapia. I bagni invernali si tenevano in vasche di legno rotonde con acqua di mare riscaldata, a cui un po’ più tardi avevano aggiunto una piscina.

Per 20 anni il medico primario Emilio Comisso (1875-1954) aveva gestito il centro di convalescenza, un vero pioniere nel campo dell'ortopedia che era anche allo stesso tempo direttore tecnico e amministrativo. Egli veniva aiutato da due medici; il servizio di consulenza specialistica veniva effettuato gratuitamente dagli specialisti triestini, mentre una volta alla settimana veniva da Trieste anche un dentista. Nel 1912 tutti i dipendenti erano 64 di cui quasi la metà era personale medico (3 medici, 20 infermiere e 8 suore), mentre 6 famiglie coltivavano il terreno di proprietà. [8].

I buoni risultati della cura, attiravano in questo ospedale sempre più pazienti, cosicché nel 1914 aveva già 300 posti letto (270 fissi e 30 supplementari) [9]. Il suo sviluppo era stato interrotto con la prima guerra mondiale; ai primi di luglio del 1915 non era più attivo e il suo complesso era stato occupato dall'esercito austriaco trasformandolo in una struttura militare. Gli italiani lo avevano bombardato dall'aria (danneggiando seriamente il padiglione con la cucina e gli edifici adiacenti), e, infine, i soldati austriaci lo avevano anche saccheggiato [10].

 

In un nuovo Stato: il Regno d'Italia

L'amministrazione militare italiana, subito dopo l'occupazione del Litorale, aveva cominciato a ricostruire l’ospedale e in luglio del 1919 poteva già accogliere i primi pazienti. Nonostante l'ausilio della gioventù americana della Croce Rossa (che per due anni ricopriva le spese delle cure per centinaia di pazienti, e della Missione americana che inviava qui i bambini di Vienna per le cure, la Società degli Amici dei bambini non poteva più sostenere questa istituzione, cedendola per tale ragione il 1° settembre del 1920 al comitato triestino della Croce Rossa italiana. Con il nuovo patrocinio, l’istituzione era fiorita in tutti i settori. La stessa regina madre, la duchessa Elena d'Aosta, aveva preso sotto sua tutela l’istituto e sotto la quale aveva anche ottenuto una nuova denominazione nel novembre 1921: Ospizio Marino "Duchessa Elena d'Aosta”, ma alla fine degli anni 20 anni aveva ottenuto finalmente la denominazione di ospedale: “Ospedale Marino Duchessa Elena d'Aosta” [11].

Una piccola ristrutturazione era stata effettuata già nel primo dopoguerra. Negli anni 1930-1932, la Croce Rossa italiana aveva svolto dei lavori generali di ristrutturazione, tra cui avevano riorganizzato e modernizzato degli ambienti (avevano spostato la sala operatoria dal padiglione di chirurgia nel padiglione principale), avevano costruito due nuovi edifici (uno per il personale medico e amministrativo, e l'altro per il personale femminile) e altri edifici (tra questi tre terrazze di cemento in spiaggia) [12]. Nel 1939 lo Stato italiano aveva fatto costruire un altro padiglione per i pazienti (oggi Padiglione B) per arrotondare il numero degli edifici ancora oggi in possesso dell’ospedale.

L'ospedale era stato attrezzato molto bene per la cura conservativa, il trattamento chirurgico e la fisioterapia, aveva la propria strumentalizzazione per le radiografie, la sala gessi, aveva introdotto moderni metodi di trattamento della tubercolosi ossea e delle articolazioni. Avevano ampliato le terapie precedenti anche con la attinoterapia, avevano introdotto anche la ginnastica, per es. la ginnastica svedese per i pazienti meno gravi, per quelli più gravi invece avevano introdotto degli esercizi di respirazione [13].

Si prendevano cura dei pazienti nella loro totalità: con fondi di beneficenza avevano costruito un palco dove gli stessi pazienti recitavano, ma venivano anche spesso degli attori amatoriali triestini e gruppi musicali. Una volta alla settimana si proiettavano anche dei film. Già nei primi anni dopo la prima guerra mondiale, la Croce Rossa italiana aveva organizzato una scuola d’istruzione per bambini (le lezioni si tenevano in un’aula ma per i bambini che non potevano muoversi si tenevano lezioni a parte nelle camere) e si impegnavano di far riconoscere pubblicamente le loro pagelle [14].

Il 1° giugno del 1929 aveva preso la direzione dell’ospedale il dott. Antonio Mezzari (1899-1977) proseguendo fino alla fine della sua attività nel settembre del 1943. Dopo la capitolazione di Italia il personale ospedaliero e i pazienti civili erano stati trasferiti in Italia, mentre nelle strutture ospedaliere si erano insediate le truppe tedesche.

 

Il primo decennio dopo la seconda guerra mondiale

Dopo la seconda guerra mondiale, il territorio in cui si trovava l'ospedale passò sotto l’amministrazione militare jugoslava, ma il suo destino circa la sua appartenenza restava poco chiaro ancora per qualche anno. Per via delle condizioni favorevoli, il governo jugoslavo lo aveva inserito nella sua rete di cura anche se non era ancora compreso nello Stato jugoslavo. Era diventata la prima istituzione in Jugoslavia del dopoguerra che aveva iniziato a curare la tubercolosi ossea e delle articolazioni (OAT). Nel 1947 si era perfino trasformato in un Istituto federale per lo studio della tubercolosi ma solo per un periodo molto breve. Con la costituzione del Territorio libero di Trieste aveva smesso nuovamente di funzionare, ma nel 1951 erano iniziati i lavori di restauro ponendo le basi dell’odierno Ospedale ortopedico di Valdoltra.

All’inizio il servizio sanitario militare per i convalescenti e i gli invalidi di guerra faceva uso degli edifici ospedalieri danneggiati. Nel giugno del 1945, l'ospedale aveva accolto i primi feriti provenienti dall’ospedale partigiano di Zara, poi i deportati evasi  dal sud Italia. Soprattutto grazie al dott. Bogdan Brecelj, con i mutui del governo nazionale della Repubblica popolare di Slovenia, era stato possibile cominciare col rinnovo degli edifici al fine di istituire un centro per la cura della tubercolosi ossea e delle articolazioni. Ai primi di settembre del 1945 l'ospedale aveva accolto già i suoi primi pazienti. Vi eseguivano Il servizio medico i medici della Clinica ortopedica di Lubiana di cui il direttore tecnico era appunto il dott. Bogdan Brecelj (1906-1986). I pazienti provenivano dalla Clinica ortopedica e da tutta la Slovenia. 

Il progetto ambizioso di ristrutturazione era stato bloccato dal Trattato di pace di Parigi che all'inizio di ottobre del 1946 aveva segnato una nuova linea di demarcazione nella regione dell’ex Venezia Giulia stabilendo che la maggior parte del Litorale e dell'Istria sarebbero spettate alla Jugoslavia, mentre nella stretta striscia di territorio tra il fiume Quieto e Duino si stabiliva una nuova formazione statale: il Territorio libero di Trieste, ancora una volta diviso in due zone con due amministrazioni militari. Nasceva in tal modo per l'ospedale una nuova situazione giuridica, di conseguenza il 7 febbraio 1947, tre giorni prima della firma del trattato di pace tra l'Italia e la Jugoslavia, era stato trasferito insieme alle attrezzature e ai pazienti nell’Istituto di Rovigno. Avevano fondato un nuovo ospedale nel mese di gennaio del 1949, a Stara Gora presso San Pietro a Gorizia e presto vi avevano trasferito qui i pazienti sloveni.

Dall'inizio della seconda ricostruzione post-bellica, nel 1951, gli edifici di Valdoltra venivano utilizzati per altri scopi. Pertanto, la Croce Rossa italiana aveva preteso di riavere la sua proprietà con l’intenzione di riadattarla alle esigenze mediche. Nel mese di luglio del 1950, le più alte autorità governative avevano accettato la decisione che l'ospedale venisse riadattato per scopi medici. Nei locali così ristrutturati giungevano i primi pazienti nell’agosto del 1952 e il 17 aprile del 1954 si era svolta la prima operazione. L'ospedale aveva ottenuto la denominazione di Ospedale per la tubercolosi ossea Valdoltra. Il piano di ristrutturazione prevedeva anche la ristrutturazione di edifici esistenti, l'ammodernamento dei locali e delle attrezzature oltre che l’adeguamento ai nuovi metodi di cura e di riabilitazione dei pazienti dell’ospedale.

L'ospedale non aveva ancora i propri medici, infatti giungevano a Valdoltra a turno specialisti e anestesisti dalla Clinica ortopedica di Lubiana. Nel 1954 i dipendenti dell'ospedale erano 112 persone, il suo direttore era dal 1950 Vladimir Zorzut (1910-1985), il capo del servizio sanitario era sempre il dott. Bogdan Brecelj [15].

 

 

In Jugoslavia

Firmando l'accordo di Londra nel mese di ottobre del 1954, il Territorio libero di Trieste era stato diviso tra Italia e Jugoslavia. Iniziava così il periodo di rinascita dell’ospedale. Durante questo periodo l’ospedale si era orientato prevalentemente nella cura della tubercolosi ossea e delle articolazioni e in altri casi di ortopedia, e perciò aveva cambiato anche la sua denominazione: dall'Ospedale per la tubercolosi ossea e delle articolazioni (1955) a Ospedale ortopedico Valdoltra (1961). Era cambiata anche la struttura dei pazienti: era diminuito il numero di bambini malati e aumentato il numero dei pazienti anziani.

Quando nel 1956 si era conclusa la seconda ristrutturazione, l'ospedale aveva raggiunto la capacità di 420 posti letto. Nei lavori di ristrutturazione avevano considerato i nuovi principi di cura dell’ortopedia che richiedevano una diversa organizzazione funzionale dell’ospedale specializzato. Così, nella soffitta del padiglione A avevano sistemato di nuovo una sala operatoria con aria condizionata, con lo spazio privato per la sterilizzazione e l'anestesia, le altre camere erano per la cura post operatoria con impianti ed apparecchi per la rianimazione moderna, ambulatori di reparto per la somministrazione intra-articolare di antibiotici, avevano ingrandito e riarredato il reparto di radiologia, i laboratori, il reparto di analisi cliniche, la sala centrale gessi, gli ambienti per la riabilitazione con i reparti per la elettroterapia, attinoterapia e idroterapia, e la sala per la ginnastica; avevano riorganizzato la centrale di sterilizzazione, acquistato un apparecchio moderno per le radiografie e modificato il fotolaboratorio. I lavori di rinnovo, di ricostruzione e di riadattamento erano sempre proseguiti: nel 1975 avevano costruito una nuova piscina con acqua di mare riscaldata, una centrale termica, una centrale telefonica, un aggregato elettrico, stazione di pompaggio delle acque reflue (fino al 1974 veniva dirottato tutto verso il mare), modernizzato il reparto di sterilizzazione e di radiologia, comprato nuove attrezzature mediche, e nel 1975 avevano inaugurato nuovi edifici: la cucina, la sala da pranzo, gli spazi del magazzino - cantina e la sala per le varie manifestazioni. In occasione del 70° anniversario dell’ospedale era stato aperto nella vecchia Casa delle persone sole un nuovo ambulatorio, e ad Ancarano la nuova Casa delle persone sole. Negli anni 1986-1988 hanno costruito un nuovo blocco operatorio per i moderni interventi ortopedici. Allo stesso tempo avevano costruito e attrezzato nel padiglione A un reparto di cura post-operatorio.

L'ospedale aveva sempre in proprietà il terreno agricolo, ma la sua attività era in declino. A metà degli anni settanta lo avevano lasciato per l’allevamento dei maiali e poi, fino al ritiro della proprietà, nel febbraio del 1990 ci coltivavano solo verdure [16].

Con la costruzione di edifici residenziali per il personale medico, iniziavano a giungere all’ospedale i primi medici, anestesisti, infermieri, fisioterapisti, tecnici di radiologia, assistenti di laboratorio, etc. Nel 1955 il primo medico che si era inserito qui era il dott. Jože Verlič, il personale si era moltiplicato già nel mese di ottobre del 1956, quando una parte del personale insieme con i pazienti si era trasferita da Stara gora a Valdoltra e da allora lentamente e costantemente il numero cresceva. Per fare un confronto: nel 1960 c'erano 344 persone impiegate di cui 137 era personale medico, nel gennaio 1990 erano 390 di cui 179 personale medico con 25 medici [17].

Le funzioni di direttore generale venivano svolte all’inizio dal direttore Vladimir Zorzut, capo del servizio medico era ancora dott. Brecelj. Nel 1958 l’istituzione aveva finalmente ricevuto un medico specialista e il direttore generale era diventato il chirurgo Vaclav Pišot (1914-1984) che lo aveva amministrato con successo fino alla sua morte. In tal modo l’ospedale aveva intrapreso il suo percorso autonomo di sviluppo. Aveva introdotto nuovi metodi chirurgici di trattamento dei focolai tubercolari e con un team di giovani medici aveva avviato con successo lo sviluppo dell’ospedale verso la moderna ortopedia [18]. Dopo quasi due anni che il medico chirurgo Aleksandar Špehar svolgeva il compito di direttore generale, nel 1986 aveva assunto la guida dell'ospedale il medico ortopedico Venčeslav Pisot.

I pazienti provenivano per lo più dalla Slovenia e dall’Istria croata, ma anche da tutta la Jugoslavia. Il servizio ambulatoriale era destinato inizialmente ai pazienti delle zone circostanti e più tardi anche da altrove.

Le nove forme di malattie ortopediche avevano gradualmente spostato la struttura dell’età dei pazienti dalla prima alla seconda fase della vita, mentre con l’accentuazione della metodologia operativa chirurgica della cura si era ridotto il periodo di cura e di conseguenza diminuiva costantemente la capacità di posti letto dell'ospedale; nel 1990 aveva 330 posti letto [19].

Si prendevano sempre cura dei pazienti nella loro totalità. Avevano inaugurato nel mese di ottobre 1956 una scuola elementare e un asilo per i bambini. La scuola era attiva già nel primo dopoguerra, dal marzo 1946 al febbraio 1947. Aveva rincominciato a funzionare nel novembre 1956, quando, insieme con gli alunni ammalati provenienti avevano trasferito da Stara gora anche parte del corpo docente. La scuola speciale presso l'Ospedale per le malattie delle ossa a Valdoltra, come veniva chiamata, aveva all’inizio tre dipartimenti (scuola secondaria inferiore, scuola primaria e scuola materna), ma con la nuova riforma della scuola nel 1958 si prevedeva una scuola primaria di otto anni, quindi, si era eliminata la scuola secondaria inferiore. Gli insegnanti oltre alle lezioni si impegnavano anche in attività aggiuntive che fungevano da terapia occupazionale. Tenevano una serie di circoli (di musica, arte, letteratura, pubblicavano perfino anche un giornalino, l’“Onda blu”, teatro, dramma, recitazione, scacchi, e di lavori manuali) a cui prendevano parte tutti i bambini malati. Erano molto attivi e nei giorni festivi e nei giorni commemorativi organizzavano diversi spettacoli, feste e mostre [20].

Fino al 1975 l'ospedale aveva una serie di laboratori artigianali (falegnameria, tornitura, meccanico, sartoria, di cestai e modellismo) che fungevano da terapia occupazionale per i pazienti adulti.

Fino alla fine degli anni sessanta, nell’ambito dello stesso ospedale, organizzavano eventi sportivi e culturali (folklore, gruppi di teatro) tenuti dagli stessi dipendenti dell’ospedale, insieme agli insegnati. Erano destinati sia per il personale che per i pazienti, poteva partecipare anche la popolazione locale e delle vicinanze. Partecipavano anche i figli dei dipendenti nell’ambito dell’asilo dell'ospedale. Due volte alla settimana al cinema dell’ospedale proiettavano dei film [21].

È interessante notare che in questo periodo per ben due volte si era venuta a creare la situazione che metteva in discussione l'autonomia dell’ospedale di Valdoltra. La prima volta risale al 1968 quando il comune di Capodistria e la Segreteria della Sanità della Repubblica di quel periodo avevano tentato di risolvere i problemi finanziari e spaziali dell’ospedale di Capodistria unendolo all’ospedale di Valdoltra (OBV) [22]. La seconda volta invece era nel 1987 quando avevano introdotto nuove forme di organizzazione sanitaria per il quale l’ospedale OBV si sarebbe dovuto integrare al Centro di salute di Capodistria e attraverso questo all’Unione sanitaria del Litorale meridionale di recente fondazione, il quale quest’ultimo aveva l'obiettivo di unire sotto il suo tetto tutti gli ospedali, centri sanitari e altre organizzazioni sanitarie dei sei Comuni di allora del Litorale meridionale. Entrambe le volte all’assemblea dei lavoratori la proposta era stata respinta sostenendo che questo era un ospedale specializzato aperto ai pazienti di tutta la Slovenia [23].

 

Nello Stato indipendente di Slovenia

Con l’indipendenza della Slovenia l’ospedale ha progredito ulteriormente professionalmente e oggi è la più grande istituzione del suo genere in Slovenia ricoprendo più del 50% della capacità ortopedica slovena. Collabora con tutti i centri nazionali e molti centri stranieri in Europa e in America, spesso svolge anche dei progetti congiunti per l’introduzione delle più moderne modalità operative e terapeutiche. Con il provvedimento del Ministero della Salute è diventato un centro di apprendimento per la formazione universitaria e postuniversitaria del personale sanitario. È dotato di una tecnologia che consente l'uso di metodi d'avanguardia nella gestione e nel trattamento dei pazienti secondo le norme sanitarie europee.

Col nuovo Stato è cambiato anche lo status dell'ospedale. Il governo in qualità di suo fondatore, con il decreto del 9 dicembre 1993 ha trasformato l'ospedale in un istituto di cura pubblica. Il primo statuto risale al 30 settembre 1994, l'ultimo al 1° febbraio 2007. Nello statuto si afferma che l’istituto esegue attività sanitarie a livello secondario e terziario curando le malattie e le lesioni del sistema locomotore, con una particolare attenzione all’artroplastica, alle malattie e deformità della colonna vertebrale, all'endoscopia, ai traumi sportivi, alla tubercolosi ossea e delle articolazioni e alla sepsi in ortopedia per il territorio della Repubblica di Slovenia. Nell'ambito di queste attività l'Istituto svolge le seguenti attività: cura ospedaliera, ambulatori specialistici, educativa, di ricerca e altre attività di interesse comune.

Negli ultimi due decenni l'ospedale è stato completamente ristrutturato riadattando anche gli ambienti e le attrezzature, mentre l'attività ospedaliera si svolge in 16 edifici con una superficie utilizzabile totale di 17394 m2.

Grazie alla razionalizzazione dei costi di gestione alcune determinate attività, specie quelle di sostegno, vengono affidate ad esecutori contrattuali esterni. In tal modo si  riduce il numero dei dipendenti, ma aumenta la quota crescente di operatori sanitari: nel 1999 c’erano in ospedale 342 dipendenti di cui 205 erano personale medico con 30 medici specialisti, nel 2009 invece c’erano 310 dipendenti di cui 193 personale medico con 35 medici specialisti e specializzandi nel campo della ortopedia, anestesiologia, radiologia e fisioterapia [24].

Anche il periodo più breve di cura ha contribuito alla abolizione della scuola nel 1994. Per fare un confronto, nel 1980 erano in cura a Valdoltra 673 bambini di età scolare (45 bambini al giorno), la durata media del ricovero era di 24 giorni e mezzo. Nel 1993 erano in cura 470 bambini con una durata media di ricovero di 11 giorni [25]. All'interno dell'ospedale tuttavia si svolge ancora il lavoro educativo che viene tenuto dagli insegnanti della scuola elementare di Villa Decani [26].

Dal 1986 dirige l’ospedale il dott. medico primario Venčeslav Pišot. In collaborazione con il team ambizioso di medici specialisti, collaboratori per l’assistenza medica, di diagnostica per immagini, di fisioterapia e di tutti i dipendenti, è riuscito a modernizzare l'ospedale e desidera svilupparlo nel settore della ricerca scientifica e professionale come un istituto ortopedico di riferimento.
 

[1] Relazione sull'attività delle istituzioni sociali nell'anno 1904, Trieste: Società degli amici dell'infanzia, 1905.

[2] Emilio Comisso, Rendiconto dell'Ospizio marino di Valdoltra per il triennio 1910–1911–1912, Trieste: Società degli amici dell'infanzia, 1914, pag. 129.

[3] Relazione sull'attività sociale letta al congresso generale ordinario il dì 29 giugno 1907, Trieste: Società degli amici dell’infanzia, 1907.

[4] Informazioni sul congresso della Società, Osservatore triestino 25. 5. 1908.

[5] Relazione sull'attività delle istituzioni sociali nell'anno 1908, Trieste: Società degli amici dell'infanzia, 1909.

[6] Apertura dell’Ospizio marino in Valle d’Oltra presso Capodistria, Osservatore triestino, 23. 12. 1909.

[7] Il nuovo Ospizio marino in Valdoltra presso Capodistria, Trieste: Società degli amici dell'infanzia, 1910; C. Hajech, Valdoltra, Milano 1910.

[8] Comisso, Rendiconto dell'Ospizio marino di Valdoltra per il triennio 1910–1911–1912, pag. 3–5.

[9] Emilio Comisso, Ospizio marino “Duchessa Elena d’Aosta” in Valdoltra presso Trieste/Rendiconto per gli anni 1913–1922, Roma: Croce rossa italiana, 1923, pag. 2.

[10] Prav tam, pag. 4–5.

[11] Prav tam, pag. 5–6.

[12] Antonio Mezzari, Ospedale Marino “Duchessa Elena d’Aosta” in Valdoltra 1928–1932/IV Rendiconto statistico, Trieste: Croce Rossa italiana, 1933, pag. 17–24.

[13] Vaclav Pišot, Kratek oris zgodovine Ortopedske bolnišnice Valdoltra, Zdravstveni vestnik 40 (1971), pag. 147.

[14] Comisso, Ospizio marino “Duchessa Elena d’Aosta” in Valdoltra presso Trieste/Rendiconto per gli anni 1913–1922, pag. 9–10.

[15] Estratto da articoli: Bogdan Brecelj, Bolnišnica Valdoltra nekdaj in danes, Zdravstveni vestnik 49/2 (1980), pag. 67– 68 e Pišot, Kratek oris zgodovine Ortopedske bolnišnice Valdoltra, pag. 147.

[16] Archivio dell’ospedale ortopedico Valdoltra (OBV).

[17] Dati ottenuti dall’amministrazione dell’ospedale OBV, settembre 1999.

[18] Brecelj, Bolnišnica Valdoltra nekdaj in danes, pag. 68–69; Pišot, Kratek oris zgodovine Ortopedske bolnišnice Valdoltra, pag. 148–149.

[19] Idem.

[20] Mara Koljenšič Pogačar, Zadoščenje (Iz življenja otrok v Ortopedski bolnišnici Valdoltra), Otrok in družina, 1978, pag 6–7; dichiarazione orale della dott.ssa Vida Gerbec 22/ 8/ 1999.

[21] Dichiarazione orale della dott.ssa Vida Gerbec 22/ 8/ 1999.

[22] Archivio OBV: verbale dell’Assemblea della comunità di lavoro del 23/10/1968.

In quel periodo i reparti dell’ospedale di Capodistria erano sparpagliati lungo tutta la costa istriana e operavano in condizioni ambientali e finanziari inadeguati. Cercavano di risolvere il problema della mancanza di spazio dell’ospedale di Capodistria per molto tempo, soprattutto a causa della incapacità finanziaria; inizialmente avevano scelto l’ubicazione di Škocjan (1962), in seguito avevano proposto l’ubicazione della zona dell’ospedale (OBV) usufruendo di tutte le strutture sanitarie da Ancarano fino a Punta grossa (1968), mentre verso la fine degli anni '70 era fiorita la nuova struttura dell’ospedale generale di Isola.

[23] Archivio dell'ospedale (OBV): verbale della riunione del comitato di lavoro del 1°/ 4/1987 e della assemblea dei lavoratori 24/4/1987

 [24] Dati ottenuti dall’amministrazione dell’ospedale (OBV), settembre 1999 e febbraio 2009.

[25] Slovo bolnišnične šole, Primorske novice, pag. 13, 18/2/1994

[26] Dati ottenuti dall’amministrazione dell’ospedale (OBV) febbraio 2009.

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